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"Dunque, in quanti modi è legittimo leggere 'Sogni ed altro?' Non credo vi siano davvero dei limiti, e tantomeno i limiti dettati dal supponente rigore classificatorio di certe arbitrarie valutazioni di appartenenza circa i generi letterari. Il libro muove il suo scintillamento nella costellazione delle polivalenze. Si apre alla gettata affabulatoria (lo avrebbe certamente molto amato Borges); a quella metaforica, spesso con lievi venature apologetiche e tuttavia mai sentenziosamente affetto da sindrome gnostica o incline a equivoci climi enunciativi di carattere escatologico; la pulsione della simbologia, presente e inevitabile quanto originale, non è mai fine a se stessa e si fonde con una fluenza di morbida naturalità al voluto presupposto onirico; il sogno (...) mostra alla lettura il suo lato esperienziale, e di conseguenza non si sottrae a una stimolante, doppia vulnerabilità, ossia si offre senza remore all'analisi intima e al contempo sollecita e ramifica la disamina culturale delle nozioni generate dall'inconscio. (...)" (Rodolfo Tommasi)